INFONDATEZZA (SEMPLICE O MANIFESTA) DEL RICORSO PER CASSAZIONE
La sentenza richiama con un buon grado di approfondimento le ragioni (v. pagg. 9-11) che hanno portato le Sezioni Unite 22.11.2000 n. 32 ad una vera e propria creazione giurisprudenziale che non ha un reale fondamento normativo: la inammissibilità del ricorso per cassazione impedisce l’instaurarsi del rapporto processuale e quindi tra l’altro di dichiarare la prescrizione del reato ex art. 129 c.p.p. medio tempore intervenuta (la tra la pronuncia in grado di appello e quella di cassazione). Tra l’altro non si è mai capito perché a questa regola peraltro molto lineare farebbe e fa eccezione il caso di querela rimessa e accettata, per in questa ipotesi invece anche nel caso di ricorso che sarebbe inammissibile, l’estinzione del reato viene dichiarata.
Ma tornando alla questione centrale della sentenza in commento, la Cassazione tenta di fornire un decalogo (v. pagg. 12 – 13 della motivazione) per distinguere l’infondatezza manifesta da della “mera” infondatezza, senza la quale si finirebbe nell’arbitrio (nel quale almeno a mio modesto giudizio ci troviamo senz’altro, decalogo e non decalogo).
Il decalogo anzi appare abbastanza “aperto” nel senso che la discrezionalità che deve guidare il giudice a prendere per l’una o l’altra infondatezza sembra restringere i casi di infondatezza manifesta. Però la sentenza stessa finisce per dichiarare l’inammissibilità del ricorso tra nullità innocue, nullità non tempestivamente eccepite, “prove di resistenza” quando si invochi l’inutilizzabilità di una prova che trasformano tout court il giudice di legittimità in un giudice di merito.
Filippo Poggi