Le Sezioni Unite sulla facoltà dell’indagato di impugnare il rigetto della richiesta di archiviazione con imputazione coatta per reato diverso.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. 40984, 22.03.2018- dep. 24.09.2018) sono state chiamate a pronunciarsi (su rimessione della VI Sezione) sul quesito “Se sia ricorribile per cassazione, dalla persona sottoposta ad indagine, il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, non accogliendo la richiesta di archiviazione, ordini, ai sensi dell’art. 409 c.p.p., comma 5, al pubblico ministero di formulare l’imputazione per un reato diverso da quello oggetto della richiesta stessa”.
Le SS.UU., con analitica e dettagliata analisi, giungono a formulare il seguente principio: “E’ atto abnorme e quindi ricorribile per cassazione anche dalla persona sottoposta ad indagine il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, non accogliendo la richiesta di archiviazione, ordini, ai sensi dell’art. 409 c.p.p., comma 5, che il pubblico ministero formuli l’imputazione per un reato diverso da quello oggetto della richiesta”.
La decisione assunta muove su due aspetti.
Il primo aspetto parte da un presupposto: l’imputazione coatta per un diverso reato, a seguito di richiesta di archiviazione non accolta, è un atto abnorme.
Ed infatti, altro non si tratta che di un travalicamento che altera il riparto di attribuzioni tra l’organo preposto in via esclusiva all’esercizio dell’azione penale, e l’organo a cui è attribuito il dovere di controllo al rispetto delle regole processuali (e quindi anche alla salvaguardia del diritto di difesa).
E quindi, nell’ipotesi di cui all’art. 409 comma 5° c.p.p. per un reato diverso, recita la sentenza, vi è anomalia incidente sulla delimitazione dei poteri del Gip rispetto all’autonomia del Pubblico Ministero.
Il secondo aspetto, strettamente legato al primo, muove dal dubbio che vi possa essere diritto di gravame a fronte di atto abnorme.
Partendo da un principio già espresso in precedenti pronunce dalle stesse SS.UU., l’impugnazione è ammissibile solo in presenza di effettivo e concreto pregiudizio, escludendo ogni forma di impugnazione avente ragione nella sola esattezza teorica della decisione o nella correttezza formale della decisione.
Proseguendo, le SS.UU. ribadiscono che, anche nell’udienza camerale a seguito di richiesta di archiviazione non accolta, debba essere salvaguardato il diritto di difesa. In ragione di ciò, l’imputazione coatta presuppone necessariamente che l’indagato sia posto nelle condizioni di predisporre una effettiva difesa, e quindi di avere coscienza dei fatti per i quali si procede.
La Corte poi esclude che la violazione di difesa possa essere sanata dalla comunicazione ex art. 415 bis c.p.p., “per la semplice ragione che, una volta definito il procedimento archiviativo con l’emissione dell’ordinanza di imputazione coatta, la norma di garanzia anzidetta non trova alcuno spazio di operatività”, per il motivo che detta comunicazione altro non è che uno strumento atto a consentire alla persona indagata la sola esplicazione di ulteriori attività difensive.
Pertanto le Sezioni Unite giungono alla conclusione che, nell’ipotesi rimessa alla loro decisione, sussistendo un effettivo pregiudizio alla difesa, l’indagato possa impugnare il provvedimento avanti la Corte di Cassazione.
Avv. Andrea Valentinotti