Corte d’Appello Bologna: infondata questione legittimità costituzionale 599 bis cpp
Secondo la Seconda Sezione della Corte D’Appello di Bologna, l’art. 599 bis comma 2 c.p.p., nella parte in cui indica fattispecie di reato ostative alla richiesta di concordato con rinuncia ai motivi di appello, tra cui quella di violenza sessuale ex art. 609 bis c.p.p. per la quale si procedeva nel caso di specie, non viola gli articoli 3, 111 della Costituzione.
Secondo la difesa dell’imputato tale preclusione costituiva una irragionevole disparità di trattamento processuale, in considerazione ad un istituto c.d. “neutro” dal punto di vista premiale, non trattandosi di un rito speciale. Per di più l’irragionevolezza di questa preclusione non si concilierebbe con la ratio della reintroduzione del concordato in appello, ossia l’economia processuale.
L’ingiustificata disparità di trattamento processuale si riscontra anche nella “coesistenza” nel codice di rito del divieto di proporre il concordato di cui all’art. 599 bis, mentre non vi è preclusione alcuna nel presentare richiesta di patteggiamento per il medesimo reato, sempre se contenuta nel limite di due anni di reclusione (il reato di violenza sessuale è infatti ostativo solamente nel caso di c.d.patteggiamento “allargato”, come previsto dall’art. 444 comma 1 bis c.p.p.), istituto che, come ben noto, comporta importanti benefici in termini di trattamento sanzionatorio ed altro.
Infine, viene evidenziato come il legislatore non abbia inserito nella categoria dei reati ostativi ex art. 599 bis comma 2 c.p.p. il più grave delitto di omicidio doloso, generando quindi una ulteriore netta disparità di trattamento processuale.
A diversa conclusione giunge la Corte che, rigettando l’eccezione, ritiene tale scelta rientrante nella facoltà del legislatore, il quale legittimamente può differenziare il trattamento per diverse categorie di reati, in particolare per quelli considerati di maggior rilevanza, come quello di specie.
Andrea Valentinotti